Kolumbien 2010-2011


Affrontando la Colombia mi rendo subito conto che fare una scelta di tutte le tappe seguendo il blog di allora equivarrebbe a rifare Millevite, per di più aggiungendo le fotografie. Sarebbe un altro libro di accompagnamento al testo con le immagini. Troppo impegnativo per un sito web? E allora, come procedere? Riducendo il testo a un minimo – in fondo a descrivere la Colombia e a raccontarne de vite c’è già appunto Millevite, però riprendendo il percorso dei due viaggi? Farò così, cominciando non da Bogotà che vedrò in seguito, con piè calma, dal profondo sud di quell’enorme stato e risalendo a poco a poco, ovunque raccogliendo storie e immagini. Proviamo. 

Nariño

 

A Pasto, la città che vive sotto il vulcano Galera, da lì ai confini della Colombia, a Irpiales, dove la vergine apparve su un ponte altissimo, e infine a Arboleda de los Barruecos, che vorrebbe tanto diventare un luogo di villeggiatura e turismo, ma quando la visitai io sapeva soprattutto raccontare storie di guerriglia, di occupazioni e di coca.

Huila

 

San Agustin è diventato un sito archeologico da quando le statue dei demoni, che prima erano sparse per la cittadina, sono state raggruppate in un unico parco. Lì faccio conoscenza con Mencha Jimenez e l’allora suo fidanzato Duran, mentre nel paese conoscerò Alf, allora bibliotecario: con entrambi sono ancora in contatto. Raccolgo storie di diavoli e demoni della selva e naturalmente le loro immagini scolpite nella pietra. 


Cauca

 

Lungo viaggio da san Agustín a San Andrés de Pisimbalá con sosta agli “autogrill” più originali. Lo scopo sono le tombe affrescate di Tierradentro. Il viaggio prosegue poi a Toribio, dove sono stata preceduta dalle raccomandazioni di padre Gianantonio e dove mi attendono angoscianti storie di guerriglia, ma anche la cosmogonia degli indigeni nasa, per poi arrivare in una città, Cali, dove attendo per ore Albalú. 

Bogotá

 

Bogota´ nella primavera del 2011: sotto la pioggia raggiungo il museo degli ori, sotto la pioggia mi unisco al raduno elettorale dei verdi nella piazza Simon Bolivar: ori e girasoli. 

Tolima

 

A Chaparral ci vado per la festa del miele, a Planadas perché lì voglio incontrare la mia amica Carmenza e perché voglio capire com’è un paese che è tuttora (quando ci sono andata e cioè nove anni fa) ancora dominato dalla guerriglia. Raccolgo appassionanti e tragiche storie di amori al tempo della guerriglia. 

Quindío

 

L’asse del caffè mi precipita in una Colombia che fino a quel momento non avevo incontrato: quella del turismo. Mi adeguo e mi appresto a seguire le indicazioni della mia guida: a Salento è imperdibile il trekking alla valle del Cocora. Assolto l’obbligo mi impegno nella visita ai cafetales, con altrettante interviste ai cafeteros, e soprattutto cafeteras. Non mi perdo neppure la Disneyland del caffè, meta della gita domenicale dei colombiani, ma presto fuggo dalla pioggia e dal caffè. 

El eje cafetero, l'asse del caffè


La valle di Cocora


Choco

 

Per arrivare a Sapzurro, dove mi hanno promesso il paradiso, devo passare per Turbo che è l’esatto contrario. Sapzurro mantiene le promesse, a parte le zanzare che non erano in programma. 

Bolivar 

 

Questa regione caraiba è così ricca – di ricordi, di foto, di incontri – che mi tocca dividerla, per non trascurare nessuna delle tappe. Come potrei lasciar meno spazio a Mompos - senza contare il viaggio sul Magdalena per arrivarci! - piuttosto che a Cartagena, non dedicare una sezione intera a Palenque o al trekking alla ciudad perdida e non soffermarmi su Aracataca, città natale di Gabriel García Márquez? A Cartagena faccio un'intervista a suo fratello. 

Cartagena

Palenque

Santa Cruz de Mompox

Aracataca, la finta casa  di Gabriel García Márquez

Alle pendici della Sierra Nevada: Taganga e Tairona

Alle pendici della Sierra Nevada: La ciudad perdida

Cesar

 

Rimango alle pendici della Sierra Nevada, di nuovo caffè, indigeni arhuacos con le loro borse di lana confezionate all’uncinetto, le famose mochilas, visita al villaggio arhuaco che ha un nome suggestivo: La terra dove nasce il sole, nella lingua locale: Nabusímake. 


Casanare

 

Il Casanare è l’ultima tappa del mio viaggio in Colombia, ma non per questo meno ricca delle altre. A Yopal imparo da Mireabel che cos’è il coleo (uno sport che consiste nel prendere i tori per la coda), a Támara apprezzo il caffè, capisco perché il petrolio è il nemico dei cafeteros e vengo a conoscere la storia di Jorge Gonzales che ispirerà il mio secondo libro colombiano: “Aspettami tra i fiori del caffè”. Il romanzo è ambientato in questa città (anche se nel libro il nome è diverso). Un breve salto a Barichara, a Monguí un tentativo di salire sul páramo e sono di nuovo a Bogotá. 



Boyacá 

Vado a Monguí perchè vorrei tanto vedere un páramo, ma non uno qualunque, bensì quello di Pisba dove Simon Bolivar passò con is uoi mille pe sfuggire agli spagnoli e attaccarli di sorpresa. Ma non è affatto facile sapere dov'è. Mi accontento di un altro páramo, ma il tempo è contro di noi. Comunque sia c'è l'ho fatta ad arrivare a quattromila metri, in un paesaggio cupo di nebbia e ricco di frailejones, le palme nane ricoperte di lanugine. 

 

Santander

 

Barichara è una perla per turisti. Davvero troppo bella e troppo turistica. Faccio una gita per cercare la Colombia che piace a me, ma in realtà ho fretta di tornare, non a casa, ma ai luoghi dove ho lasciato gente amica. 

Bogotà 

 

Prima della partenza un saluto e una foto ricordo con gli amici che mi hanno aiutata, consigliata, accompagnata, ospitata. I loro nomi sono elencati in Millevite, qui posso soltanto mettere le foto di alcuni di loro: Giovanni Biagioni, direttore dell'istituto di cultura di Bogotà (qui fotografato alla mostra di Francesco Mai) e sua moglie Maria Luisa Pallaruelo; Francesca Fontanini dell’Acnur, Claudia Trovar, professoressa di psicologia all’università Javeriana di Bogotà, padre Gianantonio Sozzi, missionario della Consolata a Puerto Leguisamo.